Diversità di genere in azienda: dal Veneto al Trentino, esperienze a confronto

Riproponiamo qui di seguito l’articolo pubblicato nell’ultimo numero della rubrica “La Bussola di Niuko” su Monitor – Veneziepost.it

La situazione di partenza non è delle più rosee: l’Italia è al 14esimo a livello UE nella classifica dell’EIGE – Istituto per l’uguaglianza di genere, anche se con l’accesso ai fondi PNRR il nostro Paese ha assunto l’impegno di scalare questa classifica di almeno 5 posizioni entro il 2026.
Un dato citato da Mirta Corrà, Avvocato e consulente in tema diversity & inclusion, Vicepresidente Commissione Pari Opportunità Provincia di Vicenza, durante il suo intervento in occasione dell’ultima tappa del format Niuko Maps for Future lo scorso 30 marzo. A livello territoriale la situazione non è migliore: la differenza salariale nel territorio vicentino è di circa 10mila euro l’anno e, ha spiegato Corrà, anche se il livello di occupazione femminile è alto le donne difficilmente accedono ai ruoli manageriali o apicali.

Un’occasione per riflettere – a partire anche dal quadro normativo offerto nell’intervento dell’avvocata giuslavorista Gina Baccari – su come le aziende possano agire sul superamento del gender gap e valorizzare la diversity, intesa non come “un inserimento di quote all’interno dell’impresa lasciando l’organizzazione così com’è”, ma come la capacità di “giocare sulla diversità di ciascuno” per trasformare i modelli organizzativi. Fra le indicazioni offerte da Corrà la necessità di prestare attenzione alla comunicazione, che può celare dei messaggi discriminatori, ad esempio declinando solo al femminile alcune misure per la genitorialità. Di grande interesse l’esperienza della certificazione family audit attivata dall’Agenzia per la coesione sociale della Provincia autonoma di Trento e diffusa su tutto il territorio nazionale con 378 imprese certificate in Italia e 44 realtà in Veneto: si tratta di uno strumento di management che prevede al suo interno anche la redazione di un piano di conciliazione vita lavoro che comprende diversi macro-ambiti fra cui welfare aziendale e welfare territoriale, un metodo “per stimolare le aziende a pensarsi come soggetti nel territorio”, ha spiegato Lucia Claus direttrice dell’ufficio Family audit.

Significative anche le testimonianze aziendali: in Amorim Cork Italia, dove è stata inserita la flessibilità anche in produzione, solo per citare alcuni esempi è stato creato un “angolo gentilezza” dove le persone possono lasciare i propri pensieri gentili, viene realizzata periodicamente un’analisi di clima per migliorare i punti deboli, vengono inoltre proposti degli incontri aperti a tutti per divulgare la cultura della sostenibilità e un family day all’anno con le famiglie dei collaboratori. La Cooperativa Promozione Lavoro investe molto sulla flessibilità per permettere di accompagnare le esigenze nelle diverse fasi della vita e molti altri sono i progetti attivati, dai bonus nascite per mamme e papà allo sportello psicologico, dalla formazione sulla leadership femminile al percorso di contrasto alla violenza di genere con una formazione specifica e delle “sentinelle”, figure di riferimento interne opportunamente preparate cui rivolgersi per raccogliere situazioni di molestie o violenza non solo nel contesto aziendale, ma anche nella sfera familiare. Un servizio rivolto sia alle lavoratrici sia alle utenti della cooperativa. Nella B Corp vicentina Zordan srl è stato adottato un modello orizzontale che favorisce la flessibilità, fra i progetti attivati c’è la possibilità di estendere lo smart working nel periodo di rientro dalla maternità per favorire la conciliazione vita-lavoro, si sta investendo molto nell’attrattività di figure femminili in produzione e viene organizzato un appuntamento periodico fra il personale femminile e il CEO per far emergere problematiche legate alla gender equality. Impegni concreti che nascono da una spinta etica e valoriale e vanno anche nella direzione di migliorare le perfomance aziendali: secondo i dati del diversity brand index citati in apertura da Alessandra Rossi, responsabile comunicazione Niuko, le imprese più inclusive registrano infatti in media utili del 23% maggiori.