Pivetta: «Competenze trasversali per governare la complessità»

Un libro in cui ha raccolto il percorso di una vita professionale, con uno sguardo rivolto alle trasformazioni avvenute dei diversi decenni, ma anche al futuro della professione dell’hr manager.

Giorgio Pivetta, intervistato da Fabio Pierobon, lo scorso 31 gennaio è stato protagonista dell’ultima tappa di Bookmarks, il format di incontri con l’autore promosso da Niuko e Aidp Veneto Friuli Venezia-Giulia.

Al centro del dialogo, le riflessioni contenute in Risorse (molto) umane, edito da Guerini e pubblicato nel novembre del 2023.

Fra gli tanti stimoli offerti da Pivetta, per molti anni responsabile risorse umane di Campari Group, il nodo della crescente percezione della complessità che crea un certo disagio all’interno delle organizzazioni e con cui si confronta anche chi si occupa di risorse umane.

«Come governarla? E’ necessario – ha spiegato – acquisire sempre più competenze trasversali, collegare le diverse aree. Nello scenario attuale l’approccio che propone la pianificazione degli obiettivi, e il conseguente meccanismo premiale, centrato sui singoli individui è superato, così come è superato l’approccio legato prevalentemente alle funzioni: i risultati si ottengono con la capacità di governare i processi».

Centrale anche il tema della cultura aziendale intesa «non come un elemento esterno, una sorta di araba fenice, ma come il modo in cui un gruppo di persone “fa le cose”. Una cultura che si esplicita in segni concreti, che è subito visibile anche da elementi secondari, come ad esempio la scelta di un’azienda di distinguere il parcheggio dei manager e il parcheggio degli operai». Credere-diventare-appartenere, believe-became-belong il “mantra” su cui la aziende sono chiamate oggi a lavorare. «Fondamentale oggi – ha aggiunto Pivetta – anche la capacità di raccontare questa cultura, di esplicitarla»

Fra le esperienze riportate da Pivetta, anche un’iniziativa attivata in Campari Group, dove in fase di selezione alcuni manager – che non conoscono nemmeno il curriculum del candidato e provengono da un’area diversa – sono coinvolti in un colloquio per valutare il cultural fit, ovvero l’allineamento di valori e comportamenti con l’azienda.

«In alcuni casi – racconta – abbiamo deciso di non procedere all’assunzione di candidati che, pur bravissimi, risultavano disconnessi culturalmente con i valori aziendali, a partire dalla convinzione che questo disallineamento poteva essere molto rischioso per noi e per loro».

Nella sua riflessione c’è stato spazio anche per il nodo dell’intelligenza artificiale la cui applicazione nelle risorse umane delle aziende si deve tradurre nell’opportunità di lasciar perdere attività a valore aggiunto scarso andando ad occupare spazi non ancora occupati, a patto che le persone che siano equipaggiate per questa sfida, un tema rispetto al quale la formazione gioca un ruolo centrale.