Il processo negoziale e l’intelligenza emotiva come strumento di crescita aziendale
di Dario Dalla Costa, chief commercial officer- board member del Gruppo Forgital e formatore catalogo interaziendale Niuko
Negoziare è una delle attività principali che svolgiamo ogni giorno, nella nostra vita privata, nel lavoro, e soprattutto quando la posta in gioco per noi è molto importante. Negoziare è una vera e propria interazione sociale, con molte sfaccettature.
Ma quante delle attività negoziali alle quali ci capita di assistere (mi riferisco soprattutto nelle aziende) sono frutto di pura improvvisazione o di un esclusivo “richiamo” e affidamento all’esperienza da parte di un manager in un determinato ruolo?
Purtroppo sono molte, non c’è dubbio. Le conseguenze dirette di un approccio di questo tipo sono concessioni che, dopo un’attenta analisi a posteriori (durante la cosiddetta fase di debriefing), ci si accorge sono state “regalate” senza aver chiesto nulla in cambio, senza averle preparate prima per farne un uso proprio e quindi intelligente, senza aver verificato possibili alternative e soprattutto senza aver ben studiato prima i limiti negoziali.
Ma per fortuna tutte queste precauzioni non bastano. Unitamente all’utilizzo di un processo negoziale ben definito abbiamo l’opportunità di poter condurre anche un’attenta analisi emotivo comportamentale della controparte, la vera chiave di volta che ci permette di capire l’interlocutore (solo così potremo applicare la giusta strategia analitico-comportamentale e quindi essere veramente preparati ad un incontro negoziale).
Per un manager,
in qualsiasi ruolo e di qualsiasi settore,
è fondamentale avere un processo negoziale
ben strutturato e definito:
il valore di un metodo!
Per dei negoziatori come noi è estremamente utile avere un distillato di tecniche utili ben acquisite, tradurle in una mappa pronta all’uso, perché poi altrimenti diventa difficile ricordarle tutte nel bel mezzo di una negoziazione magari concitata.
Una preparazione di questo tipo, richiede senza dubbio i necessari tempi, ma il payback è impagabile: le nostre performance (a noi così care) incrementano e lo stesso vale per le nostre relazioni (aspetto quest’ultimo trascurato e causa di fallimento di molte negoziazioni perché basate esclusivamente sull’ego personale).
Troppo spesso, nella fase preparatoria non viene posta sufficiente attenzione alla relazione con chi sta dall’altra parte del tavolo concentrandosi esclusivamente sulla parte analitica della trattativa e si comincia a negoziare senza prima conoscere lo stile comportamentale della controparte e quindi senza prima aver abbattuto quei “muri” iniziali tipici e inevitabilmente presenti tra persone che non si sono mai viste prima, a volte con il rischio di pregiudicare l’obiettivo.
In negoziazione sapersi relazionare dà la possibilità di influire, di fare la differenza, attraverso la nostra personalità, il nostro carisma, il nostro stile, ma soprattutto con la nostra empatia e solo dopo una adeguata preparazione sapremo dosare questi potenti strumenti ed adattarli alla controparte (pensiamo solo all’utilità della tecnica riferita “alla relazione a colori” applicata in negoziazione nella quale è possibile individuare lo stile comportamentale del nostro interlocutore, per stabilire subito un rapporto, sapere come “rompere il ghiaccio” e capire di conseguenza lo stile comportamentale più adeguato da adottare durante i nostri incontri).
Non ci possiamo permettere di non prepararci.
Come prepararsi alla negoziazione?
La maggior parte delle negoziazioni sono già “determinate” addirittura prima che l’incontro abbia avuto inizio, grazie alla qualità della preparazione. Dobbiamo essere morbidi ed empatici con le persone focalizzandoci su quali sono i loro interessi ed essere duri sul problema, magari con delle tecniche di probelm solving .
Dobbiamo poi applicare dei metodi e modelli decisionali ad un processo ben definito che ha per fondamenta due pilastri fondamentali:
- una preparazione “analitica” (conoscere tutti i dati oggetto dell’incontro, conoscere molto bene il perimetro della negoziazione definendo soprattutto i limiti negoziali, il team etc.)
- una preparazione di tipo “emotivo comportamentale”, focalizzata sulle persone che incontreremo (analisi molto introspettiva) che ci guiderà sulla scelta del miglior modo per interagire con i nostri interlocutori valutando allo stesso tempo se questi sono meritevoli di credibilità, attraverso delle tecniche scientifiche di analisi dei loro comportamenti. Questo perché è importante riuscire a comprendere le intenzioni nascoste della nostra controparte riconoscendole attraverso brevissime micro-espressioni o un linguaggio del corpo incoerente rispetto a quello che sta dicendo. L’atto stesso di mentire e ingannare produce delle emozioni nascoste (e di conseguenza può produrre dei “leakage”) legate alla paura di essere scoperti, che se non ben controllate, può rendere evidente il tentativo di mentire. Quanto più è intensa l’emozione tanto più è probabile che qualche segno contraddittorio trapeli nonostante gli sforzi per nasconderla (magari attraverso emozioni finte). Si può fingere qualunque emozione con lo scopo di cercare di nasconderne altre ed il sorriso è la maschera che viene più utilizzata in negoziazione perché questa controbilancia tutta la gamma delle emozioni negative ed è il messaggio che copre molti tipi di inganno. La menzogna è una caratteristica centrale nell’essere umano e di conseguenza una sua migliore comprensione è rilevante in quasi tutti i rapporti umani.
Solo dopo aver ben risposto durante la preparazione ai quesiti di questi due pilastri importanti e assimilato le tecniche di valutazione è possibile preparare una “manovra tattica” dello svolgimento negoziale, a seguire la “gestione dell’incontro” e infine il “debriefing” come fase finale per capire cosa ha funzionato e cosa meno durante l’incontro e apportare le opportune correzioni per la prossima esperienza.
A volte in negoziazione capita di ottenere i risultati che ci siamo prefissati grazie alla fortuna, ovvero grazie al verificarsi di determinate condizioni fuori dal nostro controllo che determinano o indirizzano il risultato a nostro favore; indubbiamente essere fortunati è importante, intendiamoci, ma dobbiamo essere consapevoli però che la fortuna la prossima volta potrebbe non accompagnarci e diventa quindi necessario individuare quei fattori determinanti che ci sono sfuggiti o che magari abbiamo trascurato in fase di preparazione.
Hope the best but plan the worst
In ogni fase di questo processo preparatorio è estremamente importante adottare un approccio che appartiene alla cultura anglosassone e che personalmente ho fatto mio, trasformandolo in un mantra: “Hope the best but plan the worst”.
Il primo passo da compiere
per avviarci in questa direzione
è quello di mettere in dubbio qualsiasi “certezza”
che abbiamo sui temi negoziali importanti
verificandola in ogni suo dettaglio
per prevedere le azioni/reazioni della controparte.
Certo, in un primo tempo ci parrà strano dubitare di quello che abbiamo sempre dato per assodato ma la ricompensa anche in questo caso è grande: in questo modo costruiamo basi molto più solide e troviamo equilibri molto più stabili. Questo mantra può fare veramente la differenza perché l’imprevisto può essere sempre in agguato e avere le armi giuste per gestire queste situazioni, “can make the difference”.
Ottenere gli obiettivi che ci siamo prefissati dalle nostre negoziazioni ha molti risvolti positivi, che vanno oltre i puri risultati. Aumenta la nostra consapevolezza, di conseguenza la nostra autostima, la nostra immagine verso l’esterno, insomma si innesca un processo positivo che trasparirà poi anche nel nostro atteggiamento (che dovrà essere sempre caratterizzato da grande stile e dalla giusta dose di umiltà) riconoscendo i meriti del nostro successo ai nostri team ed anche alla controparte.
Il valore dell’intelligenza emotiva
Quando un manager negozia con clienti, fornitori, candidati per un colloquio di lavoro, sindacati, banche, collaboratori, ma anche nella vita personale con i propri figli o compagno/a di vita, deve essere supportato da una grande dose di intelligenza emotiva, nostra grande compagna di viaggio. Avere un buon livello di intelligenza emotiva significa avere la capacità di comprendere le emozioni altrui, significa capire e riuscire ad individuare quando queste emozioni stanno arrivando (sapendo che la persona davanti a noi può provare anche più emozioni nello stesso tempo), ma contemporaneamente dobbiamo essere consapevoli anche delle nostre emozioni riuscendo a riconoscerle e differenziarle per usarle come guida per il nostro comportamento.
A volte ci troviamo coinvolti in negoziazioni articolate, dove la tensione è ben presente, e in questi casi capire cosa dire, come comportarsi, capire se stiamo subendo tentativi di manipolazione, quando “cambiare gioco” o che tecnica utilizzare (es. “tecnica estintore”) e in quale momento applicarla può fare la differenza per la continuazione dei negoziati e il raggiungimento dell’obiettivo.
In determinate situazioni, una posizione negoziale presentata in un determinato modo, può essere accolta mentre, se formulata in modo leggermente diverso può essere rigettata. Dobbiamo sapere anche quando “bagnare le polveri” nella presentazione di determinate problematiche o come non “cadere in trappole” di provocazioni ben architettate, dobbiamo sapere come “gestire la pressione” provocate dalla controparte.
Nei momenti di tensione bisogna avere l’abilità di saper prendere le distanze, di “staccare” il momento in cui ha una reazione immediata da quella che sarà la risposta che poi darà.
Non c’è dubbio che questa reazione dipende molto da come noi interpretiamo gli episodi e da come questi “s’incontrano” con i nostri valori. Il percorso di crescita da intraprendere per riuscire ad avere questo tipo di “equilibrio” è sicuramente impegnativo, ma ha un ritorno impagabile in termini di relazioni e di benessere personale. Tutti noi continuiamo a ripeterci che dobbiamo uscire dalla nostra zona di confort per metterci in discussione e intraprendere un processo di crescita, ma la realtà è che purtroppo ci piace molto starci dentro.
Superare le resistenze emotive
Le resistenze al cambiamento sono soprattutto emotive e saper riconoscere con consapevolezza le nostre emozioni, come quelle di chi ci accompagna, accettandole, significa possedere delle competenze determinanti per il successo in negoziazione e in qualsiasi altro ambito della nostra vita sociale.
È proprio grazie a queste “skills” che molte cose vengono negoziate implicitamente negli spazi e nei tempi che ci diamo e inoltre, come ho evidenziato precedentemente, attraverso un processo scientifico ben definito è addirittura possibile capire se il nostro interlocutore è meritevole di credibilità o meno in quello che ci sta dicendo attraverso l’osservazione ed una attenta analisi dei 5 canali della comunicazione (le espressioni facciali, il linguaggio del corpo, il contenuto verbale, lo stile verbale, la voce). Durante il colloquio, dobbiamo valutare la controparte rispetto all’osservazione e poi attraverso un dialogo e delle domande appropriate potremo valutare la credibilità della persona: non male davvero avere anche questa arma potente come opportunità in negoziazione. Possiamo osservare tutto ciò nel nostro interlocutore perché le emozioni ci capitano, non possiamo impedirlo, arrivano e vanno gestite.
In negoziazione, ma non solo, le emozioni non vanno discusse, si ricevono, si devono riconoscere, accogliere e poi gestire. Questo è un “percorso chiave” fondamentale nel processo di crescita di un manager, un processo difficile quanto determinante per il suo successo. Le emozioni derivano sempre da come noi valutiamo l’evento.
La valutazione è individuale, però c’è una gran bella notizia:
l’intelligenza emotiva
si può allenare
attraverso opportune strategie di regolazione
che in negoziazione possono fare la differenza
In tutte le attività nelle quali noi ci prodighiamo ogni giorno è il nostro atteggiamento a fare la differenza e questo viene immediatamente percepito dalle altre persone, e con grande probabilità determina come conseguenza, l’atteggiamento della controparte.
Sappiamo molto bene che la ragione principale per la quale i manager vengono allontanati dalle aziende spesso non è dovuta a delle lacune nelle cosiddette hard skills ma bensì sulle soft skills e più precisamente alla carenza del famoso Q.E. (Quoziente Emotivo). Non abbiamo bisogno di una “omologazione” dei manager ma bensì di modi di pensare diversi e equilibrati perché la dinamicità degli eventi e dei mercati ce lo impone obbligandoci ad evolvere con essi.
Una preparazione analitica ed allo stesso tempo emotivo comportamentale ci permette nel tempo di aumentare la nostra flessibilità, di saper gestire delle situazioni non previste o fuori dalla nostra zona di confort acquisendo così nel tempo una grande resilienza.
Durante un incontro le nostre emozioni determinano il nostro pensiero e quello che pensiamo determina le nostre emozioni. Quindi proviamo solo a pensare quanto le nostre decisioni in negoziazione sono a volte legate alle emozioni del momento, di “pancia”. Le emozioni vanno ascoltate, sono dei dati e devono essere parti integranti delle nostre decisioni, ma allo stesso tempo dobbiamo essere in grado di riconoscerle e gestirle.
È ormai assodato che in posizioni manageriali, dove l’attività negoziale è quotidiana, la combinazione di intelligenza emotiva, metodo ed esperienza è il maggior fattore predittivo di successo, quello che posiziona un manager nella scala più alta delle competenze.
E con l’opportunità di utilizzare tutti questi “attrezzi” essenziali per il nostro lavoro, non mi resta che augurare buona negoziazione a tutti!